Silvia Montefoschi, biologo, medico e psicoanalista, nasce a Roma nel 1926.
Presto si orienta verso la psicologia del profondo ad indirizzo junghiano e nel 1952
inizia la sua analisi con
Ernst Bernhard.
Membro della Società Internazionale di Psicologia Analitica
e membro fondatore dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica,
lavora nel Centro Studi di
Psicoterapia Clinica di Milano.
Intorno al 1970 esce spontaneamente dall’Associazione Italiana
di Psicologia Analitica e dalla Società Internazionale per coerenza
alla sua linea di pensiero circa l’incompatibilità delle strutture
gerarchiche istituzionalizzate con lo sviluppo della personalità
dell’analista. Si dedica così esclusivamente alla prassi psicoanalitica
nel rapporto duale, l’ambito più efficace al processo di trasformazione,
impegnandosi nella teorizzazione di un metodo conoscitivo e trasformativo
originale che scaturisce dalla prassi stessa.
Metodo che, a un tempo, scopre e promuove la dinamica dell’evoluzione della coscienza umana.
Pur persuasa che il più efficace ambito creativo resta il rapporto duale e
coerente all’impossibilità di coniugare strutture istituzionalizzate con
l’evoluzione del pensiero psicoanalitico, Silvia Montefoschi si è altresì
impegnata con gruppi di analisti per approfondire e verificare la nuova
prospettiva teorica e clinica che in lei si dava come progetto.
La biografia di Silvia Montefoschi, la cui esistenza è stata, nella sua
piena consapevolezza, l’attuazione dell’essere che in lei si manifestava,
sia nel pensiero sia nel comportamento assolutamente coerente al pensiero stesso,
coincide con quanto narrato nei suoi libri.
La storia della sua vita è tutt’uno con quanto ella stessa ha scritto,
come sotto dettatura, dell’evolversi del pensiero uno che in lei si faceva
manifesto; e ciò non soltanto perché il suo scrivere è stato l’unico senso
della sua esistenza, ma soprattutto perché la sua esistenza è stata soltanto
l’attuarsi assolutamente coerente di quanto in lei il pensiero veniva manifestando.